Il Presidente del MIR propone la nonviolenza attiva, come terza via alla pace tra la passività e la guerra al nemico: con le trattative, la resistenza nonviolenta, la disobbedienza civile e il boicottaggio, le sanzioni e la solidarietà internazionale con la lotta nonviolenta degli ucraini, fino alla caduta del regime di Putin isolato da tutti e la riconciliazione tra Ucraina e Russia (https://www.miritalia.org/2022/03/12/quale-via-alla-pace-in-ucraina/).
Quale via alla pace in Ucraina?
La guerra in Ucraina scatenata dalla Russia di Putin e condotta aldilà di ogni più funerea previsione, pone a tutti l’interrogativo: cosa si può fare per interromperla? Posto che tutti condannano l’invasione russa, come si può fermarla?
Così come è capitato per la lotta al Covid 19, si è passati da una fase iniziale, nella quale c’è stato un comune accordo nel condannare il nemico virus e il nemico invasore russo, alla successiva fase, con divergenze e toni polemici, a proposito dei provvedimenti concreti da prendere per fermare la pandemia e l’invasione russa.
Prima di esporre il mio pensiero sulla soluzione del conflitto, premetto alcune considerazioni.
Ci sono state e ci sono tante guerre nel mondo, ma per la prima volta dalla seconda guerra mondiale si è di fronte al rischio reale di estendere una guerra fino a livello mondiale e in più con armi nucleari. Perciò occorre innanzitutto assolutamente evitare questa terribile eventualità. Diciamo pure che se non ci fosse questo rischio, la Nato sarebbe già intervenuta, come accadde in Jugoslavia negli anni 90, in Iraq, in Afghanistan, in Siria, in Libia. Ma contro la Russia nessuno stato della Nato può andare in guerra, perché si andrebbe verso la catastrofe mondiale. Dunque la guerra deve, senza alcun dubbio, rimanere circoscritta entro i confini ucraini, o al massimo dei paesi non appartenenti alla Nato.
L’ultima minaccia di Putin, che considera: «qualsiasi tentativo da parte di altri Paesi di stabilire una no-fly zone sull’Ucraina come una partecipazione alle ostilità» e che già ha considerato come azione di guerra l’invio di armi all’Ucraina, va presa sul serio, perché Putin è cinico. Il rischio che capiti, volutamente o no, un incidente che possa coinvolgere un paese della Nato e quindi tutta la Nato nella guerra, è elevato. Certo è più che comprensibile e lecito il diritto dell’Ucraina di difendere la sua libertà e la sovranità, anzi va aiutata (come poi dirò), ma non si deve assolutamente correre il rischio della guerra tra Russia e paesi della Nato, perché sarebbe comunque distrutta l’Ucraina. La guerra anche di difesa, con le armi di distruzione totale, non è ammissibile. Nessuna delle guerre contemporanee ha portato la pace ai popoli coinvolti, ma solo morte, distruzione e impoverimento ulteriore. A chi giova la guerra? Solo ai signori che governano i complessi militari industriali.
Eppure sono ancora tanti, troppi, non solo tra i potenti, coloro che considerano necessarie le operazioni militari belliche per risolvere i conflitti. Così anche l’Italia ha deciso di inviare armi agli ucraini in guerra, in deroga alla legge 185/90, che vieta di vendere armi a paesi in guerra.
In mano di chi andranno queste armi durante e dopo la guerra? Serviranno a salvare l’Ucraina? Non credo, perché la Russia militarmente è più forte e queste armi non faranno che prolungare la guerra, con tutte le conseguenze, compresa l’inimicizia tra russi e ucraini, che in futuro bene o male dovranno convivere o vivere vicini. E più si fanno del male ora, più difficile sarà la loro convivenza.
Non si doveva neppure arrivare a questo punto della guerra.
Ma cosa poteva e doveva fare l’Ucraina? Consegnarsi all’invasore? Rinunciare a difendere la libertà e l’indipendenza? Certo che no. E noi paesi occidentali che condanniamo l’invasione russa e il regime russo, dovremmo stare a guardare? No. Ma tra la passività e la guerra al nemico c’è una terza via: la nonviolenza attiva.
E’ un percorso lungo e articolato, difficile perché poco praticato, che non esclude sofferenze e sconfitte temporanee (comunque molto inferiori a quelle della guerra), ma che si propone come meta non la sconfitta dei nemici, ma un futuro di pace tra ucraini e russi.
La condanna unanime della guerra e la solidarietà con il popolo ucraino espresse nelle manifestazioni in tutte le città europee è importante. Ma questa guerra conferma che il metodo nonviolento di gestione dei conflitti è poco considerato, dai politici, dai mass media e di conseguenza dall’opinione pubblica.
La manifestazione di Roma contro la guerra “Per un’Europa di pace”, indetta dalla Rete Italiana Pace e Disarmo ed altre organizzazioni, è stata imponente e partecipata, ma avendo criticato l’invio di armi all’Ucraina deciso dall’Italia e dall’Europa, non ha ottenuto una adeguata copertura mediatica. Ancora una volta chi non si schiera con uno degli eserciti in conflitto viene accusato di fare il gioco del nemico: succede da noi come succede ai pacifisti e agli obiettori di coscienza in Ucraina e in Russia. Eppure mai come questa volta è chiara la condanna di chi (Putin) ha scatenato la guerra di occupazione, dopo averla preparata e premeditata.
Circa le motivazioni della guerra ci sarebbe molto da dire, sia nei riguardi dell’imperialismo di Putin, sia sulle responsabilità di una Nato in continua espansione e sulla politica dell’Ucraina, nella gestione delle regioni a maggioranza russofona. Il punto è che le nazioni dicono di volere la pace, ma non si impegnano per la giustizia e i diritti, poi preparano le guerre, spendono tantissimo per le forze armate e molto meno per l’amicizia e la solidarietà tra i popoli. Così crescono i nazionalismi, i muri di divisione, gli odi e i conflitti, come quelli per l’indipendenza della Crimea e del Donbass, regioni dove si combatte da 8 anni. La speranza è che gli Ucraini e tutti gli Europei non identifichino il regime di Putin al popolo russo, se non altro per rispetto degli oppositori russi che manifestano con coraggio contro la guerra. A costoro e ai nonviolenti ucraini deve andare tutta l’ammirazione e il sostegno, perché sono loro che potranno riconciliare e costruire un futuro di pace tra le due nazioni.
Indubbiamente prima per evitare e ora per fermare la guerra servirebbe un’ONU funzionante, che gli Stati hanno creato perchè fosse arbitro sopra le parti, proprio per evitare le guerre. Ma anche ora, pur con la sua debolezza dovuta ai veti incrociati delle superpotenze, l’ONU deve attivarsi per costringere le parti in guerra a dialogare, a venire a compromessi e innanzitutto a interrompere le ostilità. L’Europa purtroppo, con l’invio di armi all’Ucraina, ha perso la possibilità di mediare tra i due Stati in guerra.
Torna dunque la domanda: Se non si può fermare l’esercito russo invasore sostenendo militarmente gli Ucraini, per non provocare la reazione nucleare russa, in quale altro modo si può fermare la guerra? O meglio, come si può arrivare alla pace in Ucraina?
La risposta non è semplice, ma c’è. E’ la via della NONVIOLENZA.
Innanzitutto per esclusione della guerra, di ogni guerra, perché non c’è guerra buona. La storia insegna che rispondere con la guerra alla guerra ha portato a immani tragedie, durate anni, che hanno sfinito i popoli e non hanno risolto i problemi, anzi li hanno aumentati. E poi perché la guerra ha dei costi umani, ambientali ed economici inaccettabili.
“Con la guerra tutto è perduto” e “La guerra va messa fuori dalla storia”, non devono essere solo belle espressioni. Penso principalmente con angoscia ai bambini, vittime innocenti (e non solo loro) delle azioni belliche. Ripenso al grido di Papa Giovanni Paolo II, che una settimana prima del Natale 1994 intimò ai signori della guerra in Bosnia e di tutte le guerre «Fermatevi! Fermatevi davanti al bambino!». Un grido che dovremmo ripetere tutti oggi. Perché, come canta Francesco Guccini nella sua “Canzone del bambino nel vento”: «Ancora tuona il cannone – Ancora non è contento – di sangue la belva umana. – Io chiedo quando sarà – Che l’uomo potrà imparare
– A vivere senza ammazzare».
E’ sconvolgente vedere le immagini della guerra: come in pochi giorni ha ridotto l’Ucraina e la sua popolazione.
E allora? Allora vorrei mettermi a supplicare Putin di smettere la sua folle operazione. E poi penso che il presidente Zelensky avrebbe dovuto (e anche oggi dovrebbe) insistere nelle trattative, accettando dei compromessi; penso che di fronte alla irremovibilità di Putin avrebbe dovuto (e dovrebbe) consegnarsi eroicamente a lui, come porgendogli l’altra guancia, dicendo di farlo per evitare la guerra al suo popolo, invitando intanto il suo popolo a non collaborare con l’invasore, a incrociare le braccia, scioperare, disobbedire alle leggi dell’oppressore, boicottare ogni sua attività, fare cioè una resistenza nonviolenta. La Russia che guadagno avrebbe dall’occupazione di una nazione che non collabora? E poi la Russia avrebbe contro tutti gli Stati, non solo con le sanzioni ma con la diretta partecipazione alla resistenza nonviolenta degli ucraini, con invio ai confini e dentro i confini dell’Ucraina di tante persone nonviolente di ogni nazionalità, di ogni estrazione, le autorità politiche, religiose, del mondo dello spettacolo e dello sport, a portare messaggi di solidarietà e incoraggiamento agli Ucraini, insieme a cose buone per tutta la popolazione. E poi portare messaggi e fiori anche ai soldati russi, invitandoli a obiettare contro i comandi, come fecero i giovani a Praga nel 1968 e come ha fatto pochi giorni fa a San Pietroburgo Yelena Osipova, la straordinaria nonnina che è stata fermata dalla polizia perché portava il cartello con la scritta «Soldato, metti giù le tue armi e sarai un vero eroe». Tutta questa opposizione all’invasione russa sarebbe contagiosa e incoraggerebbe tantissime persone in Russia a protestare contro il regime, molte di più di quelle che già oggi con coraggio manifestano il loro dissenso e affrontano la polizia e le leggi repressive.
Allora Putin, che in un primo tempo risulterebbe facile vincitore, col tempo, isolato e boicottato da ogni parte, sarebbe costretto ad abbandonare il suo folle progetto e forse anche il potere. Poi gli Ucraini e i Russi troverebbero una soluzione comune per le regioni contese del Donbass e della Crimea. E sarebbe risolta anche la questione dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato, perché l’Ucraina sarebbe lì a dimostrare che non serve un’alleanza militare.
Questa è la via nonviolenta alla pace. E’ una utopia? Non è fattibile? Ma se è fattibile la follia della guerra ed è possibile persino la guerra nucleare, perchè non dovrebbe essere percorribile la via della nonviolenza? Ovviamente sarebbe più realizzabile se fosse ben preparata, come noi movimenti per la pace chiediamo da anni con la Campagna “Un’altra difesa è possibile”, che ha portato in Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare, per una difesa civile non armata nonviolenta.
Del resto questa è la via indicata e percorsa dai profeti della nonviolenza, i grandi maestri di vita, come Gesù, Tolstoj, Gandhi, Martin Luther King, Mandela, Capitini, i giovani del gruppo della Rosa Bianca, Don Milani, Mons. Tonino Bello, Papa Francesco, il Dalai Lama, ecc.
A loro pensavo portando alla manifestazione di Roma il cartello con scritto: «COSA FAREBBE GESÙ, TOLSTOJ, GANDHI, MARTIN LUTHER KING»?
Sarà bene andare a riprendere i loro scritti e le loro testimonianze, per scegliere la strada da percorrere, e da percorrere con coerenza e con fiducia.
Ora, pensando ai bambini ucraini, pur nello sconforto e nel pianto, continuo a sperare e augurare che aleggi ovunque, anche sopra i capi delle nazioni, lo spirito di pace e di nonviolenza.
Ivrea, 11 marzo 2022
Pierangelo Monti
Presidente del MIR