La nonviolenza come segno dei tempi
Può sembrare provocatorio parlare di nonviolenza come segno dei tempi quando la cronaca di questi giorni ci parla di stragi e la parola “guerra” risuona ovunque.
E una guerra di religione per di più!
Eppure bisogna saper guardare oltre la cronaca; saper leggere i segnali di ciò che oggi sembra sommerso e nascosto, ma che in realtà si muove. Possiamo partire, tanto per entrare in tema, dal messaggio di papa Francesco all’Angelus del 15 novembre: “la strada della violenza e dell’odio non risolve i problemi dell’umanità e utilizzare il nome di Dio per giustificare questa strada è una bestemmia!”
E’ il punto d’arrivo del nostro libro, la tesi che sottosta ad esso.
50 anni fa mentre si apriva solennemente il Concilio Vaticano II, convocato da Giovanni XXIII, il mondo stava correndo il più grosso rischio per la sopravvivenza del genere umano: la crisi dei missili a Cuba ci portò ad un passo dalla guerra nucleare. Anche allora la disperazione e la follia umana sembravano stessero per prendere il sopravvento, poi però successe qualcosa, e chi non aveva mai smesso di credere nell’uomo, ed in Colui che lo ha creato, potè dispiegare il suo lavoro per convincere i Padri conciliari che era venuto il momento di proclamare al mondo intero che la nonviolenza poteva e doveva essere il nostro futuro.
E’ per ricordare questa storia che io e Ilaria Ciriaci, due anonimi “persuasi” della bontà e dell’efficacia della nonviolenza, abbiamo iniziato la nostra ricerca. Essa ci ha portato a riascoltare i protagonisti di quelle giornate, sia attraverso le loro dirette parole che i loro scritti, le loro lettere, i loro appelli; ed abbiamo altresì scoperto le risposte, i dubbi, come i consensi, di diversi teologi e vescovi da essi interpellati.
E’ stato bello per noi rivivere, tramite i racconti di quei personaggi, lo spirito ed il clima di quelle giornate.
Inizialmente il tema della pace non era previsto nell’agenda del concilio; si dovette all’ insistenza e alla pervicacia di Jean Goss e Hildegard Mayr, due coniugi, infaticabili “costruttori di pace” nel mondo, se il termine “nonviolenza” ha fatto capolino nelle aule conciliari. Un bell’esempio di fede che sposta le montagne. Sono riusciti a prendere contatti con vescovi e teologi, a radunare attorno a se un gruppo di attivisti per la pace, non solo cattolici, ma di tutte le chiese.
Il loro lavoro è stato a volte duro, han trovato ostacoli e opposizioni: non si sono arresi ed alla fine ne è uscita una significativa apertura all’obiezione di coscienza ed una revisione, se non altro nell’interpretazione, della teoria della “guerra giusta”; non l’accettazione dei punti che essi avevano chiesto, ma un significativo passo avanti.
Da lì è iniziato un cammino che continua tutt’ora, e la nostra ricerca si è spinta a seguire questa evoluzione tramite le dichiarazioni, le prese di posizione, le campagne, le attività di movimenti nonviolenti che han visto una sempre maggiore partecipazione di cristiani di tutte le chiese.
Abbiamo così riscoperto come dal concetto di “guerra giusta”, ossia cosa potrebbe rendere eticamente accettabile il ricorso alle armi , si sia passati alla ricerca di una “pace giusta”, ossia in cosa si deve sostanziare la pace affinchè il ricorso alla guerra sia bandito una volta per tutte dalla storia.
Ne è così nato il testo che qui vi proponiamo, con una ricca bibliografia utile per chi vorrà approfondire, corredato da 2 interviste in appendice fatte oggi a protagonisti di quell’epoca: mons. Luigi Bettazzi, e Giovanni Franzoni.
Non si tratta di un testo dottrinale, un elenco di proposizioni e di tesi, ma di un racconto, che speriamo possa far rivivere anche al lettore quel clima di impegno, di attivismo intenso e di speranza che ha emozionato noi autori mentre scrivevamo.
Allora il mondo era sospeso in un baratro, ma se il segno della storia da negativo divenne positivo fu grazie alle donne ed agli uomini che non smisero mai di credere che cambiare senza violenza fosse possibile: i protagonisti del nostro racconto.
Il legame tra la nonviolenza e la “prassi” cristiana è andato rafforzandosi sempre più nel tempo; fino ad arrivare al magistero di papa Francesco, che proclama “bestemmia” invocare il nome di Dio, la religione, per giustificare la strada della violenza.
Le religioni svolgono un ruolo vitale nella costruzione della pace e nel contrasto alla violenza e negare in modo netto che esista una qualsiasi legittimazione teologica alla violenza è rispondere alle richieste che la storia continua a porci.
La nonviolenza viene oggi proposta come un metodo, realistico e pragmatico, per la gestione dei conflitti anche tra Stati, non qualcosa per “anime belle” ma il più efficace antidoto alla guerra di civiltà.
In un momento nel quale la storia sembra girare al contrario, proponiamo una lettura coraggiosa ed incoraggiante di un percorso possibile nel quale la pace diventa un compito per i cristiani, quel “segno dei tempi” che il mondo attende.
Col realismo della ragione ma con l’ottimismo della volontà.
Paolo Candelari