Consiglio Ecumenico delle Chiese 10 a Assemblea 30 Ottobre – 8 Novembre 2013 Busan, Repubblica della Korea
Dichiarazione sulla Strada della Pace Giusta
La «pace giusta» è un viaggio nel progetto di Dio per l’umanità e per tutta la creazione. Essa è radicata nell’auto-comprensione delle chiese, nella speranza di una trasformazione spirituale e nella chiamata a perseguire la giustizia e la pace per tutti. È un viaggio che invita tutti noi a testimoniare con la propria vita.
Coloro che cercano una «pace giusta» perseguono il «bene comune». Sulla via della pace giusta, diverse discipline trovano un terreno comune, visioni del mondo contrapposte intravedono percorsi di azione complementari e ogni fede è solidale con l’altra.
La giustizia sociale affronta i privilegi, la giustizia economica affronta la ricchezza, la giustizia ecologica le varie forme di consumo, e la giustizia politica il potere stesso. La misericordia, il perdono e la riconciliazione diventano esperienze pubbliche condivise. Lo spirito, la vocazione e il processo di pace sono trasformati.
Com’è dichiarato nell’«Appello Ecumenico per una Pace Giusta» (ECJP), intraprendere la strada della «pace giusta» vuol dire di entrare in un processo collettivo, dinamico, di base che ha come finalità: liberare gli uomini dalla paura e dal bisogno, superare l’inimicizia, la discriminazione e l’oppressione, stabilire le condizioni per rapporti «giusti» che privilegiano l’esperienza dei più vulnerabili e rispettano l’integrità del creato.
INSIEME NOI CREDIAMO
Insieme noi crediamo in Dio, il Creatore di ogni forma di vita. Pertanto noi riconosciamo che ogni essere umano è fatto a immagine e somiglianza di Dio e cerchiamo di essere buoni amministratori del dono della creazione. Nel creare mirabilmente un mondo con più ricchezze naturali di quante fossero necessarie a sostenere innumerevoli generazioni di esseri umani e altri esseri viventi, Dio ha reso manifesta una visione in cui tutte le persone possano vivere nella pienezza della vita e con dignità, senza distinzione di classe, sesso, religione, razza o origine etnica.
Insieme noi crediamo in Gesù Cristo, il Principe della Pace. Perciò noi riconosciamo che l’umanità è riconciliata con Dio, per grazia, e ci sforziamo di vivere riconciliati gli uni con gli altri. La vita e gli insegnamenti, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo, indicano la strada verso il regno pacifico di Dio. Nonostante la persecuzione e la sofferenza, Gesù resta saldo nel suo stile di umiltà e di nonviolenza attiva, fino alla morte. La sua vita d’impegno per la giustizia conduce alla croce, strumento di tortura e di esecuzione. Con la risurrezione di Gesù, Dio conferma che un tale amore, una tale obbedienza, e una talefiducia, conducono alla vita. Per grazia di Dio, anche noi diventiamo capaci di prendere la via della croce, essere discepoli e portarne le conseguenze.
Insieme noi crediamo nello Spirito Santo, colui che da’ e sostiene tutta la vita. Pertanto riconosciamo la presenza santificante di Dio in tutta la vita, ci sforziamo di proteggere la vita e di guarire le vite spezzate.
Sulla base dell’insegnamento di san Paolo «Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto»(Romani 8,22) e come spiega san Pietro: «Ma noi, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia» (2 Pietro 3,13), possiamo affermare che: lo Spirito Santo ci assicura che il Dio uno e Trino perfezionerà e completerà tutta la creazione, alla fine dei tempi. In questo noi riconosciamo la giustizia e la pace sia come promessa sia come già presenti, sia come speranza per il futuro sia come benedizione qui e ora.
Insieme, noi crediamo che la Chiesa è chiamata all’unità. Perciò noi riconosciamo che le chiese debbano essere comunità giuste e pacifiche, riconciliate con le altre chiese. Fondati nella pace di Dio e rafforzati attraverso l’opera riconciliatrice di Cristo, possiamo essere «agenti di riconciliazione e di pace con la giustizia nelle case, nelle chiese e nelle società, nonché nelle strutture politiche, sociali ed economiche a livello globale» (8a Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Harare, 1998).
INSIEME CHIEDIAMO
La via della «pace giusta» fornisce un orizzonte di riferimento ecumenico complessivo e coerente per una riflessione, una spiritualità, e un impegno attivo per costruire la pace.
La pace giusta nella comunità – così che tutti possano vivere liberi dalla paura
Molte comunità sono divise per classe economica, razza, colore, casta, sesso e religione. Violenza, intimidazione, abuso e sfruttamento prosperano all’ombra delle divisioni e delle disuguaglianze. La violenza domestica è una tragedia nascosta nelle società in tutto il mondo.
Per costruire la pace nelle nostre comunità, dobbiamo rompere la cultura del silenzio sulla violenza in casa, nelle parrocchie e nella società. Là dove i gruppi religiosi vivono separati dalla società, noi dobbiamo unirci con le altre fedi per insegnare e sostenere la tolleranza, la non violenza, il rispetto reciproco; così come i leader cristiani e musulmani in Nigeria stanno facendo con il sostegno del movimento ecumenico.
Le chiese locali che lavorano per la pace rafforzano l’impegno della chiesa internazionale per la pace, e viceversa. L’Advocacy ecumenica presso la Corte penale internazionale è uno delle ragioni per cui almeno alcuni criminali di guerra oggi sono messi di fronte alla legge in una corte di giustizia; un passo storico nel diritto.
Le chiese possono aiutare a costruire culture di pace, imparando a prevenire e trasformare i conflitti. In questo modo esse possono aiutare le persone ai margini della società, stimolare sia le donne sia gli uomini a essere operatori di pace, sostenere i movimenti non violenti per la giustizia e i diritti umani, sostenere coloro che sono perseguitati per il loro rifiuto di imbracciare le armi per motivi di coscienza, offrire un
sostegno a coloro che hanno vissuto conflitti armati, e infine dare all’educazione alla pace il giusto posto nelle chiese e nelle scuole.
La pace giusta con il creato – così che la vita possa continuare
Gli esseri umani devono rispettare, proteggere e curare la natura. Eppure il nostro eccessivo consumo di combustibili fossili e di altre risorse sta facendo grande violenza a interi popoli e al pianeta. Il cambiamento climatico, conseguenza degli stili di vita dell’uomo e delle politiche nazionali, costituisce una minaccia globale per la giustizia e la pace.
Il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC – WCC sigla inglese) è stato tra i primi a mettere in guardia sui pericoli del cambiamento climatico. Ora, dopo venti anni di denuncia, le chiese hanno contribuito a portare la giustizia ecologica nel dibattito internazionale sui cambiamenti climatici. La preoccupazione per l’ecogiustizia è ormai evidente, così come l’attenzione per le vittime dei cambiamenti climatici nei negoziati internazionali e presso il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. L’incontro della 10a Assemblea del CEC a Busan ha ribadito con forza l’impegno ecumenico per la giustizia climatica.
«Eco-congregazionì» e «chiese verdi» sono segni di speranza. Le chiese e le parrocchie di molti paesi di tutto il mondo stanno collegando fede ed ecologia, studiando le questioni ambientali, monitorando le emissioni di carbonio e unendosi all’azione di Advocacy del CEC verso i governi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Alcuni governi, come l’amministrazione della città di Seoul, stanno collaborando con le chiese locali per aiutare l’estesissima capitale della Corea a risparmiare energia e riciclare i rifiuti. Sulla scia del disastro di Fukushima, cristiani e buddisti, già uniti contro le armi nucleari, sono ora uniti contro le centrali nucleari. Essi stanno alzando una voce forte e profetica per un mondo libero dal nucleare.
Per prendersi cura del prezioso dono della creazione di Dio, la riforma degli stili di vita e la ricerca della giustizia ecologica sono elementi chiave di una pace giusta. È necessaria un’azione di Advocacy ecumenica in modo che i governi, le imprese e i consumatori proteggano l’ambiente e lo preservino per le generazioni future.
La pace giusta nel mercato – così che tutti possano vivere con dignità
C’è qualcosa di profondamente sbagliato quando la ricchezza delle tre persone più ricche del mondo è superiore al prodotto interno lordo dei quarantotto paesi più poveri del mondo. Tale profonda ingiustizia socio – economica solleva gravi interrogativi circa una crescita economica che ignora la responsabilità sociale e ambientale. Tali disparità pongono sfide fondamentali per la giustizia, la coesione sociale e il bene pubblico all’interno di quella che è diventata una comunità umana globale.
Le Chiese dovrebbero essere fortemente impegnate per la giustizia economica. Il CEC e le sue chiese membro si uniscono con i movimenti popolari e con altre associazioni nella società civile per sfidare la povertà, la disuguaglianza e il degrado ambientale. L’analisi delle chiese sulla ricchezza e sulla povertà ha portato a una forte sottolineatura ecumenica sulla «sufficienza economica» e a una forte critica alla cupidigia. Alcune chiese hanno ora sviluppato indicatori per testare quanto gli individui, le società e le nazioni condividano gli abbondanti doni di Dio.
Stabilire «economie di vita» è una chiave per costruire la pace nel mercato. Economie di vita promuovono l’uso attento delle risorse, la produzione e il consumo sostenibili, la crescita redistributiva, i diritti dei lavoratori, le tasse eque, il commercio equo e solidale, e il diritto e l’accesso universale all’acqua pulita, all’aria pulita e ad altri beni comuni. Strutture di regolamentazione devono ricollegare la finanza non solo alla produzione economica, ma anche ai bisogni umani e alla sostenibilità ecologica. Rispondere con equità alle diverse dimensioni del lavoro è sempre più importante nei nostri tempi.
La pace tra le nazioni – così che le vite umane possano essere protette
La storia ha visto grandi progressi nello stato di diritto e in altri sistemi di protezione per l’umanità. Eppure la situazione attuale della razza umana è in almeno due punti assolutamente inedita. Ora come non mai l’umanità è in grado di distruggere la maggior parte del pianeta attraverso la minaccia ambientale. Inoltre un piccolo numero di persone è in grado di annientare intere popolazioni con armi nucleari. Le minacce radicali di ecocidio e di genocidio impongono a tutti noi un impegno altrettanto radicale per la pace. C’è un grande potenziale per la costruzione della pace nella nostra natura. Le chiese riunite nel CEC sono in una posizione ottimale per portare avanti azioni collettive in un mondo dove le maggiori minacce alla pace possono essere risolte solo a livello transnazionale.
Su questa base, una rete diversificata di chiese membro del CEC e di ministeri a esse collegati ha sostenuto con successo il primo trattato globale sul commercio delle armi. La testimonianza delle chiese nelle comunità dilaniate dalla guerra è stata udita molto in alto. Chiese di diverse regioni, per la prima volta, hanno fatto pressione sui governi di queste regioni in guerra per concordare un trattato per disciplinare il commercio di armi. Un approccio simile è ora in corso per la costruzione di un movimento inter-regionale per rendere illegali le armi nucleari; un obiettivo coerente con le richieste dell’Assemblea di Vancouver:
– dichiarare la produzione, la distribuzione e l’uso di armi nucleari «un crimine contro l’umanità». – affermare che «la questione delle armi nucleari è, intrinsecamente e come minaccia per l’umanità, una questione di etica cristiana e di fedeltà al Vangelo».
Per la pace tra le nazioni, le chiese devono lavorare insieme per rafforzare i diritti umani internazionali e il diritto umanitario, la promozione dei negoziati multilaterali per risolvere i conflitti, supportare i governi responsabili di garantire la tutela dei trattati, contribuire a eliminare tutte le armi di distruzione di massa e premere per la riassegnazione per esigenze civili dei bilanci militari non necessari. Dobbiamo unire le altre comunità di fede e le persone di buona volontà per ridurre le capacità militari nazionali e delegittimare l’istituzione della guerra.
INSIEME CI IMPEGNIAMO
La pace costituisce un modello di vita che riflette la partecipazione umana all’amore di Dio per tutta la creazione.
Insieme ci impegniamo a condividere l’amore di Dio per il mondo cercando la pace e proteggendo la vita. Ci impegniamo a trasformare il modo di pensare la pace, il modo di pregare per la pace, il modo di insegnare la pace ai giovani e meno giovani e ci
impegniamo ad approfondire le nostre riflessioni teologiche sulla promessa e la pratica della pace.
Insieme ci impegniamo a costruire culture di pace nelle famiglie, nella Chiesa e nella società. Ci impegniamo a «mettere in movimento» i doni all’interno della nostra comunione di chiese al fine di alzare la voce collettiva per la pace in molti paesi.
Insieme ci impegniamo a proteggere la dignità umana, a praticare la giustizia nelle nostre famiglie e comunità, a trasformare i conflitti senza violenza e a bandire tutte le armi di distruzione di massa.
Siamo consapevoli che la tutela della vita umana è un obbligo collettivo, oggi come mai prima nella storia. Ci impegniamo ad abbandonare i modelli di consumo che stanno modificando il pianeta come vettori della crescita economica, e rifiutiamo di accettare che la sicurezza di qualsiasi nazione dia la possibilità di annientare le altre nazioni o di colpire presunti nemici ovunque sulla terra.
Ribadiamo l’«Appello Ecumenico per una Pace Giusta» in cui si afferma:
Mentre la vita nelle mani di Dio è incontenibile, la pace non regna ancora. I principati e le potestà, anche se non sono sovrani, ancora godono delle loro vittorie, e noi saremo inquieti e divisi fino a quando la pace prevarrà. Gli operatori di pace parleranno contro e parleranno a favore, abbatteranno e costruiranno, piangeranno e festeggeranno, soffriranno e gioiranno. Fino a quando il nostro desiderio si unirà alla nostra partecipazione al compimento di tutte le cose in Dio, l’opera della pace continuerà come un debole tremolio di una grazia certa.
INSIEME RACCOMANDIAMO CHE IL CEC
a. Intraprenda, in collaborazione con le chiese membro e ministeri specializzati, un’analisi critica della «responsabilità di prevenire, reagire e ricostruire» nella sua relazione con la pace giusta, e nel suo uso improprio per giustificare interventi armati;
b. Favorisca e accompagni i ministeri e le reti ecumeniche di pace giusta nella pratica della prevenzione della violenza, nella non-violenza come stile di vita, nella Advocacy collettiva e nell’avanzamento delle norme internazionali, dei trattati e del diritto;
c. Incoraggi le chiese membro ad impegnarsi in programmi di cooperazione interreligiosa al fine di affrontare i conflitti nelle società multi-etniche e multi-religiose;
d. Richieda alle chiese membro e ai partners di sviluppare strategie di comunicazione che sostengano la giustizia e la pace, proclamino la speranza di una trasformazione e parlino con parresia al potere;
e. Faciliti un programma di riflessione e di azione nelle chiese membro e nelle relative reti per costruire comunità sostenibili e portare a riduzioni collettive delle emissioni di carbonio e dell’uso di energia, promuovendo l’uso di energie alternative, rinnovabili e pulite;
f. Elabori linee guida all’interno del concetto di «economie di vita» per la giusta condivisione di risorse e la prevenzione della violenza strutturale, definendo indicatori e parametri di riferimento utilizzabili
g. Convochi chiese e organizzazioni collegate per lavorare insieme per la protezione dei diritti umani attraverso organismi previsti dai trattati internazionali e il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite; per lavorare per l’eliminazione del nucleare e di tutte le altre armi di distruzione di massa, in collaborazione con la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, e per promuovere la ratifica del trattato sul commercio delle armi da parte dei loro rispettivi governi e per monitorare la sua attuazione.
h. Confermi la sua policy esistente (studio del 2009) e riaffermi il suo sostegno per il diritto umano di obiezione di coscienza al servizio militare per motivi religiosi, morali o etici, poiché le chiese hanno l’obbligo di sostenere chi è in prigione perché si oppongono al servizio militare.
RACCOMANDIAMO CHE I GOVERNI
a. Adottino entro il 2015 e avviino l’attuazione di normative vincolanti con obiettivi definiti per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra in linea con le raccomandazioni contenute nella relazione 2013 del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici;
b. Negozino e stabiliscano un divieto per la produzione, la distribuzione, il trasferimento e l’uso di armi nucleari in conformità del diritto internazionale umanitario;
c. Assicurino che tutte le rimanenti scorte di armi chimiche siano distrutte sotto i termini della convenzione sulle armi chimiche e le munizioni a grappolo siano distrutte il più presto possibile ai sensi della Convenzione di munizioni a grappolo;
d. Dichiarino il loro sostegno ad una messa al bando preventiva dei droni e di altri sistemi di armi robotiche in grado di selezionare e colpire obiettivi senza l’intervento umano durante il funzionamento in modalità completamente autonoma;
e. Riallochino bilanci militari nazionali ai bisogni umanitari e di sviluppo, alla prevenzione dei conflitti e a iniziative civili di costruzione della pace;
f . Ratifichino e applichino il trattato sul commercio delle armi (ATT) entro il 2014 e su base volontaria includano tipi di arma non coperti dall’ATT.
Dio della vita guida i nostri passi sulla via della pace giusta!